IL KAFFEEHAUS

Suoni di vita in un campo di morte

“Si udì una musica. Ma che succedeva? Musica in un campo della morte? Sull’isola della morte suoni di vita?”  Cit. Z. Gradowski, 1943

Spesso si pensa che l’Arte fosse totalmente assente nell’universo nazista. Non vi è convinzione più sbagliata: essa era presente, seppure in circostanze e contesti assai diversi, nei ghetti della Polonia occupata, nelle “città della morte” come Treblinka o Birkenau, e perfino nei campi di concentramento. A Terezín, ad esempio, la musica era l’incessante, e a volte grottesca, colonna sonora della vita quotidiana.

Se in 1984 George Orwell scriveva che “la coesistenza forzata di individui spinge l’essere all’isolamento, a ricercare non la vicinanza ma la lontananza dei suoi simili, impedendo lo scambio reciproco  di prospettive”, allora Terezín rappresenta  un’eccezione.  Non è un caso, dunque, che proprio in questo ghetto l’inizio di un’attività culturale illecita e clandestina fu pressoché immediata. Anche i nazisti, che negli altri lager interferivano nelle attività artistiche temendo che potessero fungere da copertura per iniziative politiche o di resistenza, qui non impedirono lo sviluppo della vita culturale ebraica, e tutte le attività si svolsero tra l’indifferenza e la tolleranza delle SS.

Biglietto d'ingresso per il Kaffeehaus

Biglietto d’ingresso per il Kaffeehaus

Nel dicembre 1942 venne inaugurato, all’interno del campo, un Cafè (Kaffeehaus): un luogo aperto al pubblico dal mattino fino alla sera, nel quale si poteva entrare solo grazie ad un biglietto d’ingresso (acquistabile tramite la moneta di Terezín), e nel quale non si poteva soggiornare per più di 2 ore. Nel locale non veniva servito alcun tipo di caffè ma si poteva sorseggiare una bevanda calda mentre si assisteva a uno dei concerti che si svolgevano quotidianamente grazie agli strumenti recuperati dalle SS nell’immenso bottino dei beni espropriati agli ebrei cecoslovacchi.

L’apertura del Cafè segnò un punto di svolta non solo nella vita degli artisti, che in quel luogo vivevano una libertà illusoria, ma anche nella storia di Terezín. Da quel momento in poi, infatti, le attività musicali cominciarono a svolgersi alla luce del giorno, non più solo tollerate ma addirittura auspicate dallo Judenrät e dal comandante del campo. Grazie al Cafè, perciò, nel 1943 la vita artistica di Terezín raggiunse il suo culmine, e non a caso, in quell’anno, il trombettista Erich Vogel annunciò al Freizeitgestaltung (Comitato per il tempo libero) la sua intenzione di fondare un’orchestra jazz che si sarebbe dedicata principalmente alla riproduzione della musica ebraica, considerata degenerata. L’orchestra (denominata non senza ironia Ghetto Swingers) ed altri gruppi musicali, si esibirono regolarmente, all’interno del ghetto, per quasi due anni.

Fulcro della cultura, il Kaffeehaus, perciò, rappresentò il perno attorno al quale girava l’attività musicale di Terezín per un anno intero: il luogo dove gli artisti si incontravano e collaboravano per trovare una maniera e uno spazio per esprimersi, per estraniarsi dalla vita quotidiana ma anche per creare una sorta di “resistenza spirituale”.

Ludovica V.

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